Le imprese risentono oltremodo degli effetti del coronavirus. La crisi colpisce tutti i settori, fra chi chiude e chi faticherà a riaprire. Il buco col 2019 è di 120 miliardi.
Che la batosta del coronavirus fosse stata di portata storica lo si era capito ormai da tempo. Già dalla prima ondata, quando fu necessario il lockdown e i consumi conobbero un verticale crollo, quasi per nulla tamponato dalla parziale ripresa estiva. Anzi, ancora in piena seconda ondata, i dati su presente e futuro sono tutt’altro che positivi per migliaia di imprese. Molte hanno chiuso e, forse, non riapriranno. Altre, come ricordato a più riprese anche da Christine Lagarde, faticheranno a rimettersi in carreggiata. E comunque non prima di diversi mesi.
Un quadro sconfortante, che piazza il 2020 nel rango di annus horribilis per l’economia internazionale. A livello di crisi economica ma anche di incertezza per il futuro. E, secondo quanto valutato da Confcommercio, elaborando i dati di Movimprese Unioncamere, tutti i settori sono interessati dal tilt.
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Covid, la pandemia abbatte le imprese: i dati horror di Confcommercio, fra chi scompare e chi annega
Nel 2020, il crollo dei consumi viene quantificato nel 10,8%, ossia una regressione di 120 miliardi sugli standard ottenuti nel 2019. E, parallelamente, almeno 390 mila imprese del commercio non alimentare sono incappate nella chiusura definitiva. Di contro, solo 85 mila sono state le nuove aperture. In sostanza, la riduzione riguarderebbe almeno 305 mila imprese, per un quantitativo del -11,3%.
Ma l’analisi è anche più inquietante: di 240 mila delle imprese che hanno chiuso i battenti, addirittura 225 mila risentono dell’eccesso di mortalità. Altre 15 mila di un deficit di natalità. Colpo quasi mortale ai servizi di mercato (-13,8%), mentre il commercio assorbe meglio il colpo, ma solo in parte (- 8,3%). Crisi grave in quasi tutti i settori non alimentari, a cominciare dall’abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%).
Fra le imprese, risentono più di altre della crisi gli intermediari del settore turistico: le agenzie di viaggio, già in difficoltà per il boom dell’online, piombano al -21,7%, mentre bar e ristoranti calano del 14,4%. Numeri praticamente identici per i trasporti (-14,2%). Chiude il dossier il dato sconfortante sulle attività sportive e di intrattenimento una su tre ha chiuso, le altre crollano verticalmente. Colpa della pandemia.