Secondo Airfinity, il 13% della popolazione mondiale avrebbe più della metà delle dosi di vaccini. Ai più poveri, potrebbero arrivare nel 2024.
La corsa al vaccino non è solo un termine astratto per indicare l’approvvigionamento necessario a soddisfare le esigenze. Come all’epoca della corsa al siero, la caccia alle dosi per avviare la campagna vaccinale sembra aver assunto i contorni del vero e proprio rush. E, come accade fin troppo spesso, a rimetterci potrebbero essere gli ultimi. Non in senso di più lenti ma meno abbienti. I più poveri, che rischiano di restare fuori dalla corsa al vaccino.
“Luci di speranza a disposizione di tutti” li ha definiti Papa Francesco. Ma, il problema, è che il danno potrebbe essere già stato fatto, nonostante gli allarmi lanciati nelle scorse settimane. Addirittura, alcune parti del Pianeta potrebbero restare senza dosi fino al 2023. Al 2024 in alcuni casi. L’allarme implicito è di Airfinity.
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Vaccini, allarme rosso nel Sud del mondo: più della metà ai Paesi ricchi
Secondo quanto affermato dal portale di informazione scientifica, il Canada è il Paese che ha fatto più richieste per il vaccino anti-Covid, con 9 dosi in media per abitante. A seguire gli Stati Uniti, con una media di due dosi per abitante (ma con possibilità di estendere la richiesta fino a 7). Senza entrare nel merito, secondo Airfinity si finirebbe per avere molte più dosi del necessario, precludendo indirettamente la possibilità a Paesi meno abbienti di accedere alle dosi necessarie per i propri cittadini.
E il Nord America non è da solo. Secondo il portale, la metà delle 5,3 miliardi di dosi di vaccino in fase di produzione nel corso dell’anno che verrà, finirà nei Paesi più ricchi del mondo. Regno Unito, Australia, Canada, Stati Uniti e Giappone, oltre all’Unione Europea. Ovvero, appena il 13% della popolazione mondiale. Un dato che fa tremare i polsi non solo ai governi ma anche agli operatori che prestano servizio nelle aree del mondo dove l’accesso alla sanità è già di per sé limitato.
In sostanza, considerando che altri grandi Paesi come la Russia, la Cina e l’India si affideranno a produzioni locali, il resto del mondo sembra condannato a situazioni non troppo nuove. Nel migliore dei casi ci sarà da aspettare. Per il resto, da sperare.