La tassazione per i colossi del Digital (Web tax) è pronta a entrare in vigore. La Francia l’ha già varata, l’Italia quasi. Vediamo come funziona.
Digital tax nazionale in arrivo e, con essa, i primi dettagli. In primo luogo il… luogo. Che sarà l’elemento fondamentale per determinare la web tax. Infatti è localizzazione dei dispositivi che verrà tenuta in considerazione come criterio di tassazione per i servizi digitali del nostro Paese. Requisito essenziale, la localizzazione su territorio statale. Ritenuto basilare perché i ricavi digitali siano imponibili.
La Digital tax verrà regolamentata in base al provvedimento del 16/12/2020 emesso dal direttore dell’Agenzia delle entrate.
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Saranno gli esercenti d’attività di impresa a essere passivi dell’imposta nota come Digital tax. Nello specifico, coloro che nell’anno solare arrivano a maturare determinate prerogative. Innanzitutto ricavi non inferiori a 750 milioni di euro e, limitatamente al territorio statale, non meno di 5,5 milioni.
Tre, invece, le categorie dei ricavi digitali che saranno prese in considerazione per l’emissione dell’imponibile. Primo fattore la pubblicità, o meglio la veicolazione dei contenuti su interfaccia digitale (la cosiddetta ID) indirizzati agli utenti della stessa (ad esempio Facebook). In secondo luogo, la disposizione di un’ID che permette l’interazione fra gli utenti, ponendo come obiettivo la fornitura di beni e servizi in modo diretto. Infine, la trasmissione. Nello specifico, dei dati raccolti e generati da un indirizzo ID.
Da capire se il sistema di web tax sarà condiviso. Anche perché la tassazione ai grandi network rientra fra i dossier spinosi, anche in virtù della relazione con i Paesi madre dei colossi del web. In Francia, ad esempio, la tassa esiste già per chi detiene ricavi superiori ai 750 milioni di euro. L’imposta corrisponde al 3% del fatturato realizzato sul Paese che applica l’imposta. Praticamente la stessa che potrebbe adottare il nostro Paese.