L’erede, quando si eredita un patrimonio, devono sostenere pagare la tassa di successione per diventare titolare dei beni che il defunto ha lasciato.
L’art 2 del Decreto Legislativo n. 262/2006 disciplina la tassazione sulla successione. In detto articolo, infatti, figurano le aliquote e le franchigie che si applicano sui beni che rientrano nell’asse ereditario.
L’articolo stabilisce anche a quanto ammonta l’imposta da versare all’Autorità fiscale per il trasferimento delle somme di denaro in deposito sul libretto postale.
Nel momento del ritiro del denaro presente sul conto postale gli eredi dovranno esibire la certificazione del pagamento della tassa di successione.
L’importo dell’imposta per acquisire titolarità del libretto varia da un minimo del 4% fino ad un massimo dell’8% a seconda delle somme presenti.
Accade spesso, visto che la percentuale da pagare per la tassa è piuttosto elevata, che i contribuenti procedano alla spartizione deii risparmi, mentre il familiare è ancora in vita, in modo da sottrarli alla tassazione.
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E’ stata introdotta nel 1991 e prevedeva una franchigia unica complessiva, successivamente, nel 2000 il governo Amato ha ridotto fortemente la portata dell’imposta, riducendo le aliquote all’intervallo attuale del 4-8%, senza più alcuna progressività.
Detta tassa fu poi completamente abolita nel 2001 dal governo Berlusconi e infine, nel 2006, il governo Prodi la reintrodusse sul modello di quella in vigore prima dell’abolizione, e cioè appunto aliquote basse e franchigie individuali elevate, con una struttura rimasta invariata fino ad oggi.
La tassa di successione si applica a tutte le eredità e alle donazioni tra vivi, con aliquote e franchigie differenziate a seconda del grado di parentela tra chi effettua e chi riceve il trasferimento di beni. In particolare:
Le principali esenzioni riguardano: