Lo smart working, a quasi un anno dall’inizio della pandemia, è diventato un abitudine. Ma i lavoratori preferiscono tornare sul posto di lavoro?
QBE Insurance Group ha fatto una ricerca sulla relazione tra benessere psicologico e lavoro, con particolare riferimento allo smart working.
Da questo studio, infatti, è emerso che, per i lavoratori, lo smart working è entrato prepotentemente nelle abitudini di tutti e questa soluzione sta bene a tutti, solo il 28% ha espresso un parere favorevole nel voler ritornare alle vecchie abitudini di lavoro.
Il motivo per cui i dipendenti prediligono lo smart working non è perché non vogliono essere soggetti ai controlli del datore di lavoro, come potremmo aspettarci ma per nuove ansie e paura che questas pandemia ha creato: la possibilità di contrarre il virus tra le mura dell’ufficio oppure sui mezzi pubblici.
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I dati della ricerca parlano chiaro:
Il clima non è dei migliori neanche per i dipendenti. Tutta questa situazione ha avuto un peso enorme sul benessere psicologico.
Il 35% degli intervistati non sta attraversando un buon momento. I giovani vivono con maggiore difficoltà questa situazione rispetto ai più anziani. Perciò, gli intervistati reclamano un aumento delle ferie e dei permessi.
Inoltre i dipendenti si sentono anche di dare dei consigli ai propri datori di lavoro per alzare l’asticella del proprio benessere. I dipendenti desiderano corsi motivazionali, un supporto psicologico, corsi di yoga e sedute per il controllo dell’ansia.
C’è da dire, però, una cosa: molti intervistati hanno dichiarato che il benessere psicologico è stato tenuto in buona considerazione dai propri capi. Quest’ultimi hanno avuto un’attenzione maggiore ai bisogni dei propri dipendenti. Ma nonostante tutte queste buone azioni, i dipendenti non hanno voglia di ritornare in ufficio.
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