L’emendamento targato Orfini e Fratoianni è stato riammesso dalla Commissione Bilancio della Camera e sarà oggetto di un voto. Solo poche ore fa era stato dichiarato inammissibile.
Colpo di scena alla Camera. Solo poche ore dopo essere stato dichiarato inammissibile, l’emendamento alla Legge di Bilancio, con primi firmatari Matteo Orfini (Pd) e Nicola Fratoianni (LeU), è stato riammesso alla discussione e sarà oggetto di voto. Accolto quindi il ricorso da parte dei primi firmatari della norma che prevede l’introduzione di una imposta progressiva patrimoniale in base al tetto di ricchezza netta posseduta.
La motivazione consiste nel fatto che, visto che non si può definire quantitativamente la stima di gettito di una tale proposta, la stessa viene riammessa alla discussione “fermo restando che più puntuali informazioni potranno essere acquisite in proposito dal governo nel corso dell’esame dell’emendamento stesso”.
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Patrimoniale, la soddisfazione di Orfini e le perplessità dell’Istituto Bruno Leoni
Proprio uno dei firmatari ha dato la notizia qualche minuto fa sul suo profilo Twitter:” L’emendamento sulla #patrimoniale è stato riammesso dopo il nostro ricorso sulla inammissibilità. Quindi potrà essere discusso”, ha scritto Matteo Orfini.
L’emendamento sulla #patrimoniale è stato riammesso dopo il nostro ricorso sulla inammissibilità.
Quindi potrà essere discusso.— Orfini (@orfini) December 3, 2020
Ma perplessità tecniche circa questa nuova proposta sono state avanzate dall’Istituto Bruno Leoni che ha fatto “i conti in tasca’ all’emendamento proposto. L’Istituto Bruno Leoni ha evidenziato che nella proposta non si prevede l’abolizione delle imposte sostitutive sui redditi delle attività immobiliari e mobiliari perciò “quei redditi sarebbero tassati due volte. Una prima volta attraverso le tante sostitutive di cui è disseminato il nostro sistema fiscale ed una seconda per via dell’imposta Fratoianni. Ma quanto sarebbero tassati? –si legge nell’analisi– Beh, anche in questo caso il calcolo è semplice. Una aliquota che va dallo 0,2% al 2% sulla ricchezza netta delle famiglie (non crediamo si parli di imprese) corrisponde – a spanne – ad una aliquota che passa dal 5%-10% al 50% e più (anche al 100%!) sul rendimento di quella ricchezza. Per intendersi potrebbe trattarsi di un aliquota al 100% per una ricchezza netta detenuta in titoli di Stato (o questi sarebbero esenti? potrebbe il Tesoro permettersi una tassazione dei rendimenti dei titoli di Stato con queste caratteristiche?) e di una aliquota del 30%-40% se si tratta di immobili ad uso abitazione. Come giustificare aliquote prossime ad essere espropriative? “, si chiede l‘Istituto Bruno Leoni.
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