Ha lottato per anni come un leone e con sempre il sorriso sulle labbra, ma ha dovuto arrendersi ad un tumore raro.
Ha lottato e sorriso fino all’ultimo. Non ha mai fatto capire di essere malato, nè si sentiva tale. L’ultima tappa della sua odissea nata tra i fumi di Taranto, è stata il Bambino Gesù di Roma. Ma ha dovuto arrendersi il piccolo V. Aveva solo 11 anni.
Aveva un tumore raro, un linfoma linfoblastico primitivo nelle ossa. Difficile da curare, ma non impossibile per i medici che hanno tentato tutto il possibile per salvarlo. Dopo un lungo calvario tra gli ospedali pugliesi, grazie ad una gara di generosità, si era trasferito con la famiglia in uno degli ospedali più attrezzati nella cura dei più piccoli.
In molti a Taranto, credono che la malattia di V., 11 anni, sia da ricondurre ai fumi respirati sin dalla nascita, della fabbrica siderurgica Ilva, a due passi dall’abitato pugliese. Il bambino aveva anche contratto il Covid, le sue condizioni sono precipitate negli ultimi giorni e ieri se ne è andato per sempre, non prima di avere lottato fino all’ultimo, con la sua famiglia sempre accanto e l’amore di medici e infermieri.
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Ha lottato come un leone, si è arreso a 11 anni: “Quanti bambini moriranno ancora?”
La famiglia di V. nel dicembre del 2019 ha scoperto che il bambino soffriva di un linfoma linfoblastico primitivo delle ossa: da quel momento, l’undicenne ha intrapreso una lotta contro la malattia sottoponendosi a diversi cicli di chemioterapia al Policlinico di Bari. L’undicenne aveva poi raggiunto l’ospedale Bambin Gesù di Roma a bordo del camper-taxi dell’associazione Simba per tentare tutto ciò che era possibile tentare.
La dottoressa Annamaria Moschetti, medico da sempre impegnato nella battaglia ambientale a Taranto, ha commentato: “V. viveva esposto alle sostanze ad azione cancerogena certa immesse nell’aria dall’impianto siderurgico costruito a ridosso della città. È morto. Di tumore. Oggi.
È plausibile – continua – ed è probabile che l’esposizione alle sostanze cancerogene abbia determinato o concorso a determinare il cancro che ha ucciso il bambino. La politica trasversalmente ha deciso che gli impianti devono rimanere in marcia. Altri bambini già in utero saranno esposti alle sostanze cancerogene immesse in ambiente dall’Ilva e questo li esporrà al rischio di ammalarsi e morire. Evidentemente non gliene importa niente a nessuno”.
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