Può accadere che una lavoratrice, dopo la maternità, subisca dal suo datore di lavoro e/o dai suoi colleghi, del mobbing.
Mobbing deriva dal verbo inglese “to mob” in inglese è assalire, aggredire, affollarsi attorno a qualcuno.
Il mobbing consiste in un insieme di condotte, reiterate nel tempo, tese ad escludere ed isolare un lavoratore, distruggendo la sua autostima, al fine di portarlo a dimettersi dal posto di lavoro; per costituire questo reato le condotte devono essere reiterate per almeno 6 mesi.
Sono considerati comportamenti che portano al mobbing: insulti, esclusione dal gruppo, aggressioni fisiche e verbali, tali da voler di eliminare una persona divenuta scomoda inducendola alle dimissioni o provocandone il licenziamento motivato.
Il mobbing è molto comune al rientro delle lavoratrici dalla maternità. Come riconoscerlo e come tutelarsi.
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Quando si parla di mobbing della lavoratrice rientrata dalla maternità, i comportamenti che potrebbe subire la neo mamma sono:
Cosa può fare la lavoratrice che subisce mobbing sul luogo di lavoro?
In primo luogo deve intervenire immediatamente segnalando questi comportamenti in quanto la legge punisce e condanna il mobbing.
Se c’è un fenomeno di mobbing a danno di una lavoratrice rientrata dalla maternità, dunque, il datore di lavoro può essere chiamato a risarcire alla dipendente il danno subito.
Il mobbing, infatti, può determinare un danno biologico nei confronti della lavoratrice poiché tale condotta è in grado di determinare patologie psico-fisiche come ansia, depressione, attacchi di panico, problemi cardiovascolari, etc.
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