Inevitabile, come in tutti i settori, il calo del fatturato. Ci vorranno forse due anni per tornare i vecchi fasti, per la moda, causa Covid
L’Italia deve molto alla moda, seconda industria assoluta del Paese, che come tutte, vive un momento davvero difficile a causa della pandemia, Covid-19. Non ha influito, il Covid, solo in modo negativo però, i marchi si sono sentiti a causa di questi cambiamenti, in dovere di accelerar i propri mercati e-commerce, la logistica ed uno sguardo alla sostenibilità. C’è anche la consapevolezza che l’Asia in questo campo gioca un ruolo fondamentale.
Carlo Capasa, Chairman Camera Nazionale della Moda Italiana, durante il suo intervento al Milano Fashion Global Summit 2020, spiegava: “Il comparto, che è composto dall’industria e dal commercio, dà lavoro a 1,2 milioni di persone in tutto il Paese e chiuderà quest’anno con una perdita del 30% di fatturato, pari a circa 29 miliardi di euro. Nel 2021 perderà un altro 12% rispetto al 2019, per recuperare i valori precedenti al Covid fra il 2022 e 2023”.
Capasa, continua però, ponendo il punto sul futuro: “Crediamo fortemente nel rimbalzo e in quel famoso “revenge shopping” che dovrebbe arrivare dopo questo momento di grande crisi – dice proprio Capasa -. Ci aspettiamo che nella seconda metà del 2021 si riprenda a lavorare a ritmi alti”.
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Un settore comunque, quello della moda, che non si è mai fermato, così come il calendario che continua ad essere fitto. Una bella notizia, ci raggiunge da Firenze. Il prossimo evento Pitti sarà dal vivo. Si terrà a febbraio, poco dopo la settimana della moda di Milano. Proprio all’Asia, alla Cina in particolare, sarà rivolto lo sguardo, come spiega il presidente della Otb, Renzo Russo: “La Cina rappresenterà nel 2024 il 60% degli acquisti nel modo del lusso quindi è un Paese dove gli investimenti sono la priorità numero uno: noi stiamo investendo e stiamo aprendo negozi anche in periodo di Covid”.
Dice la sua anche Gregorio De Felice, Head of Research and Chief Economist di Intesa Sanpaolo, che afferma che il settore della moda: “è stato colpito in modo molto forte. Le attività produttive sono state bloccate dal primo lockdown e poi ci sono stati una serie di provvedimenti restrittivi. A questo va aggiunto che in Italia siamo ancora indietro con l’online. Nei 9 mesi registriamo un calo del fatturato del 20% per il tessile e l’abbigliamento e va peggio per l’oreficeria. Nell’export c’è un recupero. Abbiamo toccato -70% in aprile e ora stiamo tornando verso la parità ma con grandissime differenze tra i Paesi. La Cina segna +58% per abbigliamento e +56% per il tessile”.
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