Manovra 2021, polemiche per un comma di articolo presente nella bozza della e che impatterebbe sulle pensioni. Critiche dai sindacati.
Come spesso accade è nei dettagli che si annidano i cambiamenti più importanti e le modifiche più impattanti. Tutto parte dall’articolo 61 di quella che, è bene ricordarlo,, è ancora una bozza del testo della Manovra 2021 è che ha come titolo “Attuazione della sentenza Corte Costituzionale n.234 del 2020”.
In questo articolo si spiega che per dare attuazione a questa sentenza della Corte Costituzionale si riduce da cinque a tre anni l’ambito di applicazione della misura della riduzione delle pensioni cosiddette d’oro ovvero con importi superiori a 130.000 euro. Fin qui tutto normale e tranquillo ma è il resto dell’articolo che fa e farà discutere.
L’oggetto del contendere è rappresentato dal comma b dell’articolo 61: “all’articolo 1, comma 477, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, le parole “Per il periodo 2020-2021” sono sostituite dalle seguenti: “Per il periodo 2020-2022” e al comma 478, le parole “Dal 1° gennaio 2022” sono sostituite dalle seguenti: “Dal 1° gennaio 2023”. Sembrano semplici cambi di parole e slittamentI di date ma dietro contengono un qualcosa che può impattare su milioni di cittadini.
Insomma, si prevede lo slittamento dal gennaio 2022 al gennaio 2023 del sistema di rivalutazione degli assegni pensionistici. La circostanza è stata letta ed è stata resa nota dai sindacati di categoria che hanno chiesto a gran voce al Governo di porre rimedio alla vicenda ripristinando le vecchie date.
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“Si profila l’ennesima beffa per i pensionati italiani con il prolungamento del blocco della rivalutazione degli assegni, spiega lo Spi-Cgil– Si fa riferimento nello specifico all’articolo 61 che prevede lo slittamento al 2023 del sistema di rivalutazione in vigore prima dei molteplici blocchi messi ripetutamente in atto dal 2011. Tale meccanismo doveva essere ripristinato dal 1° gennaio 2022 e avrebbe garantito un maggiore recupero del potere d’acquisto delle pensioni, fortemente eroso negli ultimi dieci anni. È un errore e una profonda ingiustizia, resa ancora più insopportabile perché fatta di nascosto e senza passare da alcun confronto con i Sindacati che rappresentano milioni di pensionati”.
Dello stesso tenore la critica della Fnp-Cisl la Federazione dei Pensionati della Cisl:”Riteniamo assolutamente inaccettabile che il Governo voglia differire ancora una volta la rivalutazione delle pensioni. Questa è una scelta inopportuna e oltremodo grave. Ancora una volta il Governo non mantiene le promesse assunte con l’accordo con le Organizzazioni sindacali del 2017 di procedere alla rivalutazione delle pensioni e, addirittura, differisce al 2023 il meccanismo di perequazione più equo e proporzionale previsto dalla legge n. 388/2000. S ponga immediatamente mano al predetto testo, restituendo fin dal 2021 ai pensionati il diritto ad una equa rivalutazione dei trattamenti previdenziali particolarmente sollecitati dall’andamento congiunturale per effetto della pandemia in corso.”
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