Smart workers e Covid: nel lockdown 6,58 milioni nell’emergenza ma nel new normal saranno 5,35 milioni i lavoratori agili.
Smart workers e Covid: oltre 6,5 milioni di lavoratori agili nel lockdown. Durante la fase più acuta dell’emergenza lo smart working ha coinvolto il 97% delle grandi imprese, il 94% delle PA e il 58% delle Pmi. Complessivamente sono stati coinvolti 6,58 milioni di lavoratori agili, circa un terzo dei lavoratori dipendenti italiani, oltre dieci volte più dei 570mila censiti nel 2019.
l maggior numero di smart worker lavora nelle grandi imprese, 2,11 milioni, 1,13 milioni nelle PMI, 1,5 milioni nelle microimprese sotto i dieci addetti e infine 1,85 milioni di lavoratori agili nelle PA.
A settembre 2020, tra rientri consigliati e obbligatori, difficoltà e incertezze nell’apertura delle sedi di lavoro, gli smart worker (che hanno lavorato anche da remoto) sono scesi a 5,06 milioni.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano presentata oggi durante il convegno online “Smart Working il futuro del lavoro oltre l’emergenza”.
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Lo smart working è ormai entrato nella quotidianità degli italiani ed è destinato a rimanerci. Al termine dell’emergenza si stima che i lavoratori agili, che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno complessivamente 5,35 milioni. Di questi 1,72 milioni nelle grandi imprese, 920mila nelle PMI, 1,23 milioni nelle microimprese e 1,48 milioni nelle PA.
Per adattarsi a questa “nuova normalità” il 70% delle grandi imprese aumenterà le giornate da remoto, portandole in media a 2,7 giorni alla settimana. Inoltre, una impresa su due modificherà gli spazi fisici e nelle PA verranno introdotti progetti di smart working e aumenteranno le persone coinvolte nei progetti. Si lavorerà da remoto in media 1,4 giorni alla settimana (47%), rispetto alla giornata media attuale.
L’applicazione dello smart working durante la pandemia ha dimostrato come un modo diverso di lavorare sia possibile anche per figure professionali prima ritenute incompatibili, ma ha anche messo a nudo l’impreparazione tecnologica di molte organizzazioni. Più di due grandi imprese su tre hanno dovuto aumentare la dotazione di pc portatili e altri strumenti hardware (69%) e di strumenti per poter accedere da remoto agli applicativi aziendali (65%); tre PA su quattro hanno incoraggiato i dipendenti a usare i dispositivi personali; il 50% delle PMI non ha potuto operare da remoto.