Per combattere l’evasione fiscale, servirebbero tre cose: collaborazione, scambio e controllo incrociato dei dati. Ciò perché il fenomeno non è soltanto circoscritto nell’ambito nazionale: gli evasori hanno conti celati all’estero, magari in quei paradisi fiscali dove pagano poco o nulla di tasse.
Lo scorso anno è entrato ufficialmente in vigore lo scambio automatico di informazioni fiscale tra l’Unione Europea e uno di questi paradisi: la Svizzera. Ecco allora che è entrato in gioco il Fisco italiano, creando allarme tra i titolari di conti non dichiarati all’estero.
L’Agenzia delle Entrate avrebbe chiesto all’Ufficio Federale delle Contribuzioni elvetico informazioni su persone fisiche dal nome sconosciuto ma che hanno domicilio in Italia. Queste persone, tra il 2005 e il 2016, hanno intraprese relazioni commerciali con l’Ubs Switzerland. La richiesta avanzata dall’Agenzia non è recente, ma risale al 6 dicembre 2018. Soltanto ieri, è stata pubblicata sul Foglio Federale, il quale è l’equivalente in Svizzera della Gazzetta Ufficiale in Italia.
Nella lettera scritta dall’Agenzia delle Entrate, le persone a cui la stessa si riferisce, nonostante i solleciti da parte di Ubs di regolarizzare la loro posizione con le autorità fiscali italiane, non hanno fornito prove sufficienti sulla conformità fiscale dei loro conti.
Difficile dire cosa accadrà adesso, anche se un precedente potrebbe tracciare la strada: la questione dei 40.000 correnti francesi di Ubs. Qualche settimana fa, il Tribunale Federale della Svizzera ha sentenziato che la banca doveva immediatamente consentire al Fisco francese l’accesso ai conti correnti di queste persone. Inizialmente, Ubs si era opposta. Considerando quanto accaduto, è molto probabile che l’istituto bancario sarà obbligato a trasmettere all’Ufficio delle Contribuzioni i nomi di questi clienti che non vogliono regolarizzare la loro posizione col Fisco italiano.