I continui colloqui tra Deutsche Bank AG e Commerzbank AG sulla fusione stanno diffondendo un certo ottimismo sul un possibile consolidamento del settore bancario europeo. Alla finestra ci sono le banche italiane, francesi e olandesi, che osservano con interesse l’evolversi della situazione. Il consolidamento tanto paventato è però ostacolato dalla mancanza di regole e una grande dose di nazionalismo.
Ci sono troppe banche in Europa che generano poco denaro. Una fusione potrebbe sì ridurre notevolmente i costi, ma anche causare il taglio di molti posti di lavoro. Le entrate? Sicuramente più ampie per finanziare le crescenti spese reclamate dalla tecnologia dell’informazione. Anche se in Germania, Spagna e Italia alcuni piccoli istituti di credito si sono uniti da tempo, questo non significa che anche quelli più grandi possano farlo senza dover pagare dazio, soprattutto per gli affari transfrontalieri.
Sono già in atto fallimenti bancari in alcuni Paesi, tra cui Irlanda, Spagna e Cipro, mentre alcuni governi sono ancora troppo dipendenti dalle banche nazionali per finanziare il proprio debito. Sicuramente, i gruppi bancari multinazionali potrebbero assorbire un default sovrano meglio di una banca locale.
Altro problema è la poca coesione esistente su alcuni aspetti all’interno dell’UE. Anche se i responsabili politici a Bruxelles hanno concordato regole valide per tutti i 28 Paesi membri, molti di questi sono riusciti a personalizzarne alcune per riflettere le esigenze locali e per difendere i loro privilegi tradizionali.
La BCE, quale garante e autorità bancaria europea e che ha fissato i punti più piccoli delle normative dell’UE, ha dovuto svolgere un lavoro certosino per armonizzare le normative nazionali, quali le risorse che si qualificano come capitale per le perdite subite. Mancano però progressi significativi in altri settori, come la modalità con cui giudicare l’idoneità dei dirigenti nella gestione delle banche loro affidate. C’è stata un’applicazione incoerente delle regole europee per la gestione di banche seriamente in difficoltà, con l’Italia che ha utilizzato delle scappatoie per iniettare denaro dei contribuenti negli istituti di credito.
Infine, c’è la questione della copertura assicurativa dei depositi in tutta Europa, osteggiata dalla Germania e altri paesi conservatori dal punto di vista fiscale. La loro riluttanza si basa sul fatto che le banche dell’Europa meridionale devono prima ridurre i loro crediti esigibili prima che i loro risparmiatori si assumano il rischio di subire perdite altrove.