Dopo mesi (anni?) di roboanti annunci, alla fine il governo a guida Lega-Movimento 5 Stelle ha deciso di propendere per una svolta per così dire moderata. Le raccomandazioni provenienti dall’Europa sul rispetto degli equilibri finanziari del Paese, e le pressioni esercitate dal ministro dell’Economia Giovanni Tria affinché la prossima legge di Bilancio non fosse troppo in deficit, sembrano aver sortito qualche effetto. Sia Salvini che Di Maio, infatti, hanno garantito che la manovra in corso di definizione non sforerà il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil.
Se fino a pochi giorni fa Salvini era pronto a far saltare il tetto del 3%, e con esso praticamente tutti i vincoli europei in materia di bilancio, ora lo stesso leader leghista se ne è uscito dicendo: “Sfioreremo il 3%, ma non lo sforeremo”. E pure Di Maio, che fino a qualche ora prima si era scagliato duramente contro le agenzie di rating affermando che le loro valutazioni vanno sempre contro gli interessi “della gente”, ora lo stesso Di Maio ha fatto retromarcia: “Le agenzie di rating non sempre agiscono contro gli interessi degli italiani”.
Il risultato immediato di tutte queste retromarce, come ovvio che fosse, è stata una discesa immediata dello spread.
A questo punto resta da capire come si riusciranno a portare a casa riforme epocali come la flat tax, il reddito di cittadinanza, Quota 100 e così via, senza sforare i parametri di bilancio e al tempo stesso senza tagliare massicce dosi di spesa pubblica (altra cosa che il governo ha fatto intendere di non voler fare, per evitare più che altro di perdere gli innumerevoli voti dati dall’apparato statale e parastatale). Quel che è certo che è Salvini sta spingendo affinché una prima timida bozza di flat tax riesca ad entrare in questa manovra, e l’idea, per l’appunto, è di inserire intanto un’aliquota del 15% per tutte le partite Iva che guadagnano meno di 80.000 euro l’anno, e un’aliquota fissa del 20% per i guadagni eccedenti tale somma.