Il decreto Dignità approvato nelle scorse ore dal Consiglio dei Ministri è il primo vero atto varato dal nuovo governo gialloverde.
Per molti questo decreto si muove nella giusta direzione, ma per altri la legge è tutt’altro che perfetta. La pensano in questo modo gli industriali, che fanno notare come “l’incidenza dei contratti a termine sul totale degli occupati, in Italia, è perfettamente in linea con la media europea”, quindi, “il decreto dignità non è altro che un segnale negativo per il mondo dell’impresa, anche perché contribuirà a far diminuire il lavoro, non la precarietà”.
Confindustria sostiene che “le regole possono incoraggiare o scoraggiare i processi di sviluppo e hanno il compito di favorire i cambiamenti in atto anche nel mercato del lavoro. Si dovrebbe però fare qualcosa sulle regole e tener conto dei cambiamenti di quest’epoca, e soprattutto degli effetti prodotti dalle politiche passate. Il decreto dignità va in una direzione esattamente opposta a tutto ciò”.
Secondo gli industriali, il governo sta innescando una clamorosa retromarcia rispetto a tutta una serie di innovazioni che hanno favorito la crescita. Il timore quindi è che le nuove regole finiranno per rivelarsi poco utili rispetto all’obiettivo di combattere la precarietà.
Ciò che preoccupa Confindustria è anche il fatto che questo governo sembra più concentrato a portare avanti una “interminabile campagna elettorale” più che a risolvere i problemi veri, e sembra anche fossilizzato su un concetto di lavoro ormai trapassato, che vede i dipendenti e gli imprenditori quasi ostili tra di loro. Insomma, per il momento la bocciatura sulle politiche del lavoro intraprese dal governo a guida Lega-Movimento 5 Stelle è netta. Quanto meno da parte degli industriali.