Uno dei punti cardine del programma di governo stilato da Movimento 5 Stelle e Lega è il reddito di cittadinanza, a cui si lega la pensione di cittadinanza. Tramite questo strumento il governo appena insediatosi a Palazzo Chigi è convinto di riuscire a combattere la povertà e il disagio economico che si ritrovano a dover vivere le fasce più deboli della popolazione, pensionati compresi. Vediamo quindi di capire come funzionerebbero le pensioni di cittadinanza.
Esattamente come il reddito di cittadinanza, anche nel caso delle pensioni si punta a garantire a tutti i pensionati un reddito mensile di 780 euro netti. Il che significa che se una persona percepisce un assegno di 500 euro, lo Stato integrerebbe di tasca sua altri 280 euro per permetterle appunto di raggiungere la soglia dei 780 euro (per lo stesso ragionamento, se una persona dovesse guadagnare 650 euro al mese, lo Stato interverrebbe con un contributo mensile di 130 euro, e così via).
Questo discorso vale per il singolo cittadino, mentre qualora ci si trovasse dinanzi a un nucleo familiare vero e proprio, il meccanismo cambierebbe per diventare ovviamente più generoso: nel caso di una coppia, per esempio, si parla di un assegno mensile minimo di 1.170 euro.
La pensione di cittadinanza non sarà ovviamente riconosciuta a tutti i pensionati, ma solo ed esclusivamente a coloro i quali non riescono, con il solo loro reddito, a raggiungere 780 euro di entrata mensile. Chi ne guadagna di più, quindi, non verrebbe minimamente toccato dalla misura, proprio perché ce la fa già “con le sue forze”.
Sì, ma chi paga? L’idea di M5S e Lega è di reperire una parte dei fondi dall’Europa, in quanto il Parlamento europeo, con l’applicazione del provvedimento A8-0292/2017, ha deciso che il 20% del Fondo Sociale Europeo debba esser speso proprio per portare il reddito di cittadinanza (e quindi anche la pensione di cittadinanza) in Italia. Il problema è che potrebbero servire altre risorse per finanziare il provvedimento, e il timore di molti è che questi altri fondi possano arrivare dall’ennesimo ricorso al deficit di bilancio.