Per Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia, il Bitcoin altro non è che una bolla finanziaria destinata a scoppiare di qui a breve.
Krugman, già un po’ di tempo fa, aveva collegato l’incredibile successo della criptovaluta all’ignoranza diffusa nella popolazione: a suo dire, in sostanza, chi investiva e credeva nel Bitcoin altro non è che una persona poco informata delle dinamiche che regolano la moneta e la finanza, e in quanto tale abbocca alla prima occasione utile.
Krugman ha sferrato il suo attacco contro il Bitcoin sulle pagine del New York Times: sul giornale è stato paragonato il caso Bitcoin alla bolla dei tulipani che scoppiò in Olanda nel 1635. Quella delle criptovalute, si legge, “è un’immensa bolla che finirà nel dolore, avvolta nel tecnologia e nel mistiscismo figlio di un bozzolo di ideologia libertaria”.
E a chi tenta di convincerlo dell’utilità delle criptomonete sul fronte dei pagamenti digitali, Krugman risponde: “Non v’è ragione per utilizzare il Bitcoin nelle transazioni, a meno che non si voglia tenere nascosto l’oggetto dell’acquisto o della vendita. Il Bitcoin dopotutto serve a questo: a mascherare compravendita di droga, sesso e di altri beni o servizi fatti propri del mercato nero”.
Il motivo per cui il Bitcoin non potrebbe funzionare e tanto meno apparire affidabile è legato al fatto che tra lui e l’economia reale manca un vero legame. Parlare quindi di criptovalute come reali alternative al denaro tradizionale sarebbe pura e semplice utopia per l’economista.
E che dire poi della speculazione? Krugman non vede di buon occhio il fatto che il Bitcoin stia diventando sempre più asset finanziario anziché moneta vera e propria. tanto è vero che di lui così come delle altre criptomonete se ne parla più dal punto di vista del profitto che dall’ottica di un utilizzo nell’economia reale. L’economia di tutti i giorni.