Ieri il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha tenuto una conferenza stampa nel corso della quale ha parlato del termine della legislatura. Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha infatti avviato la procedura di scioglimento delle Camere e indetto le elezioni politiche per il prossimo 4 marzo.
Nella conferenza che ha tenuto a conclusione della legislatura, Gentiloni ha ripercorso i tratti salienti del suo governo e di quello che l’ha preceduto (a guida Renzi), esaltandone le conquiste e non esimendosi dal puntualizzare anche quelle questioni che sarebbero potute andare in modo diverso.
Tuttavia la Banca Centrale Europea ha smorzato i toni usati dal governo italiano e fatto notare che per quanto siano stati fatti dei passi in avanti, parecchie cose rimangono ancora in sospeso: il debito pubblico per esempio è una di queste, tanto è vero che l’Italia non può ancora dire di aver intrapreso una strada di un serio abbattimento del debito. Nel Belpaese il rapporto fra debito e Pil sta sicuramente diminuendo, ha ammesso la stessa Bce, ma lo sta facendo “con estrema lentezza”.
Bisogna ricordare infatti che il Patto di stabilità e di crescita prevede un rapporto debito/Pil pari al 60%, mentre invece l’Italia è ancora ferma a un imbarazzante 130%. Ed è rimasta ferma da questo punto di vista nonostante questi siano stati anni in cui gli acquisti di bond sovrani e l’azzeramento dei tassi di interesse decisi dall’istituto di Francoforte abbiano creato un terreno fertile per procedere in questo senso.
Per rendere un po’ più pratici i termini della questione basti sapere che nel 2016 la spesa per interessi è scesa a 66.5 miliardi, vale a dire 17 miliardi in meno rispetto al 2012. Soldi che avrebbero potuto essere usati per la questione debito, più che per ingrossare ulteriormente la già enorme macchina della spesa pubblica.
Il problema si pone più che altro a partire dall’anno che verrà, in quanto da gennaio gli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce scenderanno da 60 a 30 miliardi di euro al mese, e a decorrere da settembre i rubinetti della Bce potrebbero addirittura fermarsi del tutto. Inoltre già da inizio 2019 potrebbe esserci il famigerato aumento dei tassi di interesse, o quanto meno, pur non essendoci, se ne comincerà a discutere in termini molto più pratici di quanto non si sia fatto finora.