L’ultima settimana di novembre si apre col segno rosso: l’indice Nikkei cede lo 0.24%, ma tra tutte le borse è quella cinese ad accusare il colpo maggiore.
Nelle prime ore del mattino l’Hang Seng perdeva lo 0.74% e Shanghai lo 0.89%. L’oro invece va al rialzo dello 0.26% portandosi a 1.295 dollari l’oncia, mentre il petrolio americano scende dello 0.44% a 58.69 dollari al barile. Il cambio euro dollaro, di contro, si tiene poco sopra l’1.19, dando modo agli analisti di credere che la quotazione si spingerà sugli 1.20 già entro la fine dell’anno.
Questo mercoledì ci sarà poi la riunione Opec all’interno della quale si discuterà di un possibile taglio alla produzione di greggio già dal primo semestre 2018, anche se le prospettive non sembrano particolarmente allettanti, soprattutto a margine di quanto accaduto in passato (quando a fronte di un accordo che sembrava fosse siglato, c’è poi stato il passo indietro di qualche paese).
Nell’aria, poi, c’è molto timore per quanto sta capitando in Cina. “La Banca centrale cinese sta cercando di non rispettare la nozione di garanzia implicita”, ha spiegato Xie Dongming, responsabile ricerca di OCBC Bank per l’area Greater China. Dongming ha aggiunto che i costi di finanziamento per le imprese, che sono stracariche di debiti e di una mal gestione a monte, stanno costringendo il governo a rivedere l’assetto dei mercati locali in termini di determinazione dei rischi di credito.
Della situazione cinese sono in diversi a trarne vantaggio, a cominciare dal Bitcoin, che il governo di Pechino ha sempre cercato di osteggiare e che ora, quasi come una beffa, segna un ulteriore record: la criptovaluta è salita a 9.733 dollari, con un balzo del 17% rispetto a venerdì scorso. Anche per questo il traguardo dei 10.000 dollari potrebbe essere raggiunto senza tanti problemi già entro fine anno, e la cosa farebbe del Bitcoin la criptomoneta numero uno al mondo.