La Banca d’Italia ha rilevato che i prestiti erogati alle famiglie, alle imprese industriali dei servizi hanno avuto una crescita su base annua dell’1,4%. L’Abi ha stimato che ad agosto 2017 lo stock di crediti deteriorati, al netto delle rettifiche, è stato pari a 145 miliardi di euro. La riduzione rispetto a fine 2016 è stata notevole: circa 28 miliardi; il rapporto quindi tra sofferenze nette e impieghi è sceso del 3,8%.
La ripresa economica porterà il Pil 2017 ad attestarsi sopra l’1,5% e ciò è anche merito delle banche le quali non hanno abbandonato imprese e famiglie. Lo hanno fatto in un primo momento, è vero, ma poi hanno ripreso ad allentare i rubinetti del credito.
Ma non mancano i dubbi. Se il flusso dei crediti in sofferenza sul totale dei finanziamenti è sceso con valori simili a quelli pre-crisi, il passato non va dimenticato e bisogna sempre farci i conti. Le crisi di Monte dei Paschi di Siena e delle banche venete hanno causato la scomparsa di un cumulo di sofferenze attualmente gestite dal Fondo Atlante e dalla Sga controllata dal Tesoro.
L’Europa potrebbe vanificare tutti questi sforzi. La Bce ridurrà in modo progressivo gli acquisti di titoli di Stato dell’Eurozona ma estendendola fino a settembre 2018. Il vero pericolo sono le linee guida messe in consultazione dalla Vigilanza della Bce. Daniele Nouy ha chiesto svalutazioni integrali dal 2018 sui nuovi prestiti deteriorati non garantiti in due anni e garantiti in sette anni. Le banche italiane potrebbero patirne e non poco.
Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha definito ciò un terremoto normativo perché causerebbe un’ulteriore stretta ai prestiti alle piccole e medie imprese. Patuelli può contare però su due alleati come il presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, che ha posto come condizione qua non per l’unione bancaria che la riduzione degli Npl avvenga “in modo equilibrato” e il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco.