Proprio di recente, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui tassi usurari spesso e volentieri applicati dalle banche. Un fenomeno, questo, che in Italia è particolarmente diffuso sia in quanto a finanziamenti sia nel comparto mutui, e che proprio per questo necessita di un monitoraggio costante da parte degli enti di controllo.
La Cassazione, con l’ordinanza numero 23192 del 4 ottobre scorso, ha quindi confermato che nel calcolo degli interessi usurari vanno escluse le imposte e i bolli, mentre vanno inclusi gli interessi corrispettivi, gli interessi di mora, le penali, le spese e gli altri oneri. Se in fase di sottoscrizione di un contratto di mutuo, la somma delle suddette voci supera il valore dei tassi di soglia di usura, allora il contratto perde di legittimità: quando tutte quelle voci che abbiamo visto poc’anzi danno luogo a un importo più alto di quello limite, allora il mutuatario ha tutto il diritto di rimborsare alla banca solo ed esclusivamente la quota capitale, senza curarsi quindi della quota relativa agli interessi.
Ma come si fa a verificare se il tasso di un mutuo supera quello limite stabilito dalla legge antiusura? Una volta fatta la somma di interessi, penali, spese e quant’altro, è sufficiente confrontare la cifra ottenuta con i dati pubblicati ogni trimestre dalla Banca d’Italia, peraltro suddivisi per “categoria di operazioni” e per “classi di importo”, e contenenti i Tassi effettivi globali medi e i tassi soglia.
Per esempio, per quanto riguarda il periodo compreso tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2017 abbiamo un Tegm del 2.91% e un tasso soglia di usura del 7.63% sul fronte dei mutui a tasso fisso, nonché valori al 2.45% e 7.06% per quel che riguarda i mutui a tasso variabile.
Di conseguenza, se i mutui richiesti tra ottobre e dicembre presentano tassi superiori a quelli di riferimento, allora gli interessi non vanno pagati perché ci si trova nella cosiddetta area di usura.