L’economia sommersa e le attività illecite in Italia valgono la bellezza di 208 miliardi di euro, ossia il 12.6% del Prodotto interno lordo. E’ questa la stima messa nero su bianco dall’Istat relativamente all’anno 2015.
Pur trattandosi di cifre “importanti”, il rapporto mette comunque in evidenza una “decisa diminuzione dell’incidenza della cosiddetta economia sommersa”. Infatti, dopo aver rilevato un aumento dell’economia sommersa nel triennio 2012-2014, con il 2015 si è cominciato ad assistere a un calo: le attività illegali sono scese di 0.5 punti percentuali, per cui se prima del 2015 valevano il 13.1% del Pil, nel 2015 sono valse il 12.6%.
La tendenza è di tutt’altro segno, però, sul fronte lavoro. L’Istat infatti parla di un aumento dei lavoratori in nero, oggi a quota 3 milioni e 724 mila. L’irregolarità riguarda soprattutto i dipendenti (2 milioni e 651 mila) ed è in crescita di 57 mila unità rispetto all’anno precedente.
Un’analisi dei settori, poi, ci dice che i lavoratori in nero vengono impiegati soprattutto nell’agricoltura (17.9%), nelle costruzioni (16.9%) e nei comparti di commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (in tutti questi per una misura pari al 16.7%).
I dati in chiaroscuro rilasciati dall’Istat mettono la politica di nuovo di fronte a un interrogativo. E la legge di Bilancio, tra le altre cose, dovrebbe intervenire anche su questo: l’ipotesi di un rinnovo dello sgravio contributivo per i neo-assunti (che nelle regioni del Sud ammonterebbe al 100%) potrebbe far emergere posti di lavoro finora tenuti all’oscuro.