Una società ha diritto di chiudere il conto corrente bancario entro due settimane dalla richiesta di estinzione, e di poterlo fare senza spese a suo carico. La banca, in tutto ciò, non può opporsi alla chiusura solo perché il conto viaggia in rosso. A fare da esempio in questo senso è quanto accaduto a Roccadaspide, vicino Paestum, luogo in cui una cooperativa e una banca si sono affrontate a muso duro.
Il conto della cooperativa era in perdita e questo suo ammanco lievitava ogni giorno di più, schiacciato dalla crescita dei costi e delle commissioni che la banca applica normalmente di mese in mese. A quel punto la cooperativa ha chiesto di poter chiudere il conto corrente per sottrarsi a quella spirale infinita di costi, ma la banca ha fatto resistenza e minacciato la cooperativa di chiuderle il conto solo una volta che il debito contratto dal conto corrente fosse stato saldato.
A quel punto la coop si è rivolta al Giudice di Pace che, con una sentenza destinata a fare storia, ha condannato la banca. Appellandosi all’articolo 1855 del Codice Civile e al 120 bis del Testo Unico Bancario, il Giudice ha stabilito infatti due cose: la prima è che il correntista ha tutto il diritto di chiudere il proprio conto corrente con un preavviso massimo di 15 giorni, e la seconda è che l’estinzione del conto può avvenire senza alcuna penalità e senza alcuna spesa di sorta.
Insomma, qualunque correntista può chiudere il proprio conto corrente – anche se in rosso – tenendo conto del limite massimo di preavviso pari a 15 giorni. E nessuna banca può “impedire o ritardare la chiusura del conto facendo leva sul debito del cliente nei suoi confronti”.